Opera 1^ classificata
Bruciano olocausti a Gerusalemme
Se Tu ritorni a Gerusalemme
non troverai pescatori di sogni
che tingono le reti nei colori dell’ alba
o pastori che aspettano canti di comete.
I fiori appassiscono sui campi minati
dove il fuoco brucia antiche primavere
e i fucili uccidono i silenzi
nel sogno di pace che muore tra gli ulivi.
Tesse il ragno sudari di morte
tra le pareti diroccate delle case,
artigli di lune rosse di sangue
salgono nei cieli d’Oriente.
Cercano favole i bambini
sui muri neri di fumo
e frugano tra la cenere per ritrovare
sogni sepolti con i giochi dell’innocenza.
Dolorose crepe si aprono nel cuore
di madri arrese a pietre insanguinate,
sorrisi spenti di figli caduti
avvolti da scialli neri
e profumo amaro d’ assenzio.
Mattini feriti si svegliano
su cumoli di macerie diventate tombe
e gli ulivi stillano olio
per candelabri spenti ne!l’ attesa di preghiere.
Custodi di antiche memorie i vecchi
con le radici legate alla terra
domandano silenzio alle ombre
nella luce che tarda a sciogliersi
al passo ormai stanco dei giorni.
Il profeta brucia olocausti nel deserto
aspettando orme di sabbia
e beatitudini scendere dalla montagna,
fioriranno ancora gemme di mandorlo
sul bastone di Aronne nel cielo di Sion.
Mina Antonelli – Gravina di Puglia – (BA)
Opera 2^ classificata
Stabat mater 1999
C’era una madre e c’era un figlio:
morto il figlio nel volto,
morta la madre dentro all’ anima.
C’erano molti intorno …
ma, intorno non c’era nessuno:
erano soli quel figlio e quella madre,
che con affanno tesse antiche tele
per trattenerlo ancora un po’ con lei.
C’era pianto. C’era dolore.
C’era una pietra sul cuore della donna,
che mai nessuno avrebbe sollevato.
C’era silenzio e c’erano impietosi i minuti
che scivolano via dai pugni stretti
e già fuori la porta discreta bussa la Rassegnazione,
ma la donna le impediva di entrare.
C’era una donna e c’era un figlio,
ma uno andava e l’altra rimaneva
e disperata si chiedeva come.
Ormai non ha più tempo,
non ha più preghiere …
così, bevuto anche il fondo del dolore,
non resta altro per lei
che celebrare il rituale di un assurdo addio:
lacrime di madre su quei piedi bianchi
che nessun’acqua dovrà più lavare,
capelli ancora neri per un pianto
che mai sorriso potrà più asciugare.
Basta ….
s’acquieti anche il lamento:
una nell’altro è morta all’infinito.
Resta una Madre e un Figlio ed una Croce …
ormai cala la sera e, sul Calvario,
ho pianto anch’ io per uno senza nome.
in un reparto rianimazione
Anna Maria Cardillo – Roma
Opera 3^ classificata
Nebbie d’assenza ai malati di Alzheimer
Così ti ho trovata, ieri
poggiata al silenzio d’una finestra,
in quella stanza estranea e bianca
e lo sguardo, fisso nel vuoto infinito
era come allora, gentile e fragile.
Così ti ho ritrovata, all’alba
a consumarti lungo i muri della mente
come una viandante nella notte, che vaga
fra nebbie d’assenza a cercare i pensieri,
i gesti perduti un giorno dopo l’altro, poi
la tua vita, che si lascia vivere, al posto tuo.
Così ti ho trovata, questa sera
seduta accanto alla solitudine, lontana
come rondine abbandonata dallo stormo,
umiliata e senza parole, ormai dimenticate
come sogni che si posano sui ghiacciai del nulla
e la mia rabbia, la pietà, sono nel vento
come i perché rivolti a Dio, e, nell’attesa
di risposte … distanti mille cieli, prego
e piango, se un ricordo più non ti conosce,
se gli altri non sono che ombre, chimere
e se più, non puoi amare chi ti ama.
Così verrò a trovarti, domani
ed anche quando, le stagioni che verranno
saranno solo inverni, echi che gridano, io
ti parlerò ancora di noi, dei nostri momenti,
ti porterò una rosa, dai giardini del cuore
e forse, solo per un istante
la tua anima … si ricorderà di te.
Gaetano Pizzuto – Torino